La chiesa della Beata Vergine del Rosario
Ultima modifica 6 maggio 2020
Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati
Subito dopo il Concilio di Trento, in risposta alle eresie protestanti, furono fortemente caldeggiate e promosse dalla Chiesa Romana alcune pratiche devozionali, come la recitazione del Rosario e la fruizione del SS. Sacramento della comunione. Pertanto, nel ‘500 si assistette alla nascita di molte confraternite dedicate al Rosario e al SS. Sacramento, soprattutto dopo la vittoria della flotta cristiana sui Turchi a Lepanto il 7 ottobre 1571, che si ritenne ispirata dalla Vergine del Rosario.
A Mottola, ancor prima di Lepanto, esisteva un nucleo di devoti al Rosario che nel 1569 aveva commissionato l’antico affresco recentemente ritrovato nella cattedrale. Nel 1592 si ha notizia certa della esistenza di una confraternita rosariana, che ai primi del ‘600 assunse la denominazione di confraternita del SS.mo Sacramento e Rosario. Quindi intorno al 1670 essa si divise in due distinte confraternite, che vennero però sciolte nel 1692 dal vescovo Della Quadra. Trent’anni più tardi, nel 1723 tornò a essere citata nei documenti una confraternita del Rosario, che aveva una propria cappella nella navata sinistra della cattedrale e si prendeva anche cura di quella del SS. Sacramento.
La Confraternita del SS. Sacramento e Rosario venne istituzionalizzata nel 1740, grazie all’azione del gesuita Raffaele Manca. La festa del Rosario viene celebrata a Mottola ininterrottamente dal 1761, nei giorni 12 e 13 ottobre. Dal 1907, inoltre, la Vergine del Rosario ha affiancato san Tommaso di Canterbury come copatrona e Protettrice secondaria della città di Mottola.
La cappella esistente nella cattedrale venne utilizzata dalla confraternita dalla seconda metà del ‘500 fino all’800. Ma nel Settecento emerse l’esigenza di un nuovo oratorio, che venne costruito all'estremità meridionale della attuale Piazza Plebiscito, appena fuori il circuito delle mura e della Porta Vecchia della città medievale.
La costruzione iniziò probabilmente nella prima metà del Settecento, come attestano la data 1752 riportata nella formella di porcellana della Santa Maria Vergine del Rosario, presente sul portale di ingresso della chiesa e il bollo NAP 1751 sulla porticina d’argento del tabernacolo dell’altare principale, e venne terminata tra il 1781 e il 1786. Durante i lavori di costruzione, la confraternita usò anch’essa come oratorio la antica chiesa della Badia di San Giacomo, dentro le mura.
La facciata è suddivisa in due ordini da un cornicione aggettante, sovrastante un fregio con motivi floreali. Nell’ordine inferiore quattro lesene partono da uno zoccolo, giungendo fino al fregio. Il secondo ordine ripete il motivo delle quattro lesene e termina in un altro cornicione, meno pronunciato, che è sovrastato da un coronamento trapezoidale e infine da un pinnacolo che costituisce la base di una croce metallica. Questi ultimi elementi, così come il rosone circolare a fasce concentriche, risalgono a interventi effettuati negli anni ’50 del Novecento. Facevano invece parte della facciata originale le due nicchie poste ai lati del portone di ingresso alla chiesa, destinate a contenere delle statue.
Nel 1794 vene costruito il piccolo campanile, che presenta una cupoletta emisferica e quattro pinnacoli. La sua dotazione è costituita da due campane, risalenti al 1848 e al 1892.
La nuova cappella era abbastanza limitata nelle dimensioni, tanto che nel 1868 si sentì il bisogno di un ampliamento. Essa assunse quindi la attuale conformazione, con una navata unica a tre campate, coperta da una volta unghiata, e il presbiterio rialzato. Il pavimento venne rifatto nel 1902; dal 1990 è stata dotata di un nuovo portone d’ingresso, con pannelli in bronzo che illustrano l’istituzione del SS. Sacramento della comunione nell’Ultima cena, quindi ancora la Natività e la Resurrezione.
Entrando nella chiesa, a sinistra è posto l’altare del Cuore di Gesù e Maria. Esso venne fatto realizzare nel 1884 da don Nicola Semeraro, rettore della Confraternita e risulta avanzato rispetto alla parete. Si ritiene che tale avanzamento possa coprire l’altare originario, con tutta probabilità simile a quelli settecenteschi che sono visibili nelle due cappelle centrali. Nelle due nicchie poste sopra l’altare trovano posto le statue ottocentesche del Cuore di Gesù e del Cuore di Maria, mentre nel paliotto dell’altare vi è uno stucco con la immagine della Sacra Sindone.
L’altare è fronteggiato da quello gemello della Addolorata e Gesù Morto, anch’esso avanzato rispetto alla parete, forse per celare, come l’altro, l’originario altare settecentesco. In una nicchia troviamo la statua della Addolorata e sotto di essa, in una teca di vetro, la statua ottocentesca in cartapesta di Gesù Morto.
Sono anch’essi uguali tra loro i due successivi altari laterali, prossimi all’abside, databili al 1790. Sono opera di uno scalpellino diverso da quello dell’altare centrale, come denuncia la fattura dei puttini posti ai lati del fastigio, che è molto più modesta rispetto agli angioletti che sono raffigurati nei capialtare di quello centrale. L’altare di sinistra è dedicato a san Luigi Gonzaga, il santo gesuita patrono della gioventù e venne fatto realizzare nel 1790 dal rettore della confraternita, il teologo don Michele Marinosci. Infatti, sopra il dipinto settecentesco che raffigura il Santo, sicuramente opera di un pittore locale, in alto nel fastigio è rappresentato lo stemma gentilizio della famiglia Marinosci. Di fianco all’altare è collocata una statua di Santa Teresa del Bambino Gesù, databile al primo Novecento.
L’altare gemello che lo fronteggia, a destra, è dedicato al Santissimo Sacramento. E’ sormontato da una tela settecentesca, poco leggibile, nonostante sia stata restaurata qualche decennio fa, con la adorazione dell’ostensorio del SS. Sacramento da parte di un vescovo e un santo francescano, non meglio identificabili. A fianco dell’altare, una nicchia conserva la statua ottocentesca in cartapesta di Sant’Antonio Abate.
L’altare centrale in pietra locale, posto sul presbiterio rialzato, è stato realizzato tra il 1740 e il 175. Probabilmente è opera dello stesso artista che scolpì nella cattedrale l’altare in pietra della cappella del Sacramento, anch’esso commissionato dalla confraternita. Come l’altro, il manufatto appare fortemente ispirato alle creazioni della scuola napoletana di Domenico Antonio Vaccaro. Presenta due preziosi capialtare con teste di putto e la sua decorazione utilizza i colori bianco, marrone e oro.
Nell’insieme, l’altare appare chiaramente ispirato al gusto rococò, così come lo sono i due altari laterali settecenteschi . Allo stesso gusto si richiamano anche le composizioni degli stucchi che decorano la volta della navata e il retro degli altari, che vennero realizzate nel 1789 da Giovanni Pepe di Francavilla.
Nelle nicchie poste in alto sull’altare maggiore sono conservate le statue ottocentesche di san Domenico di Guzman e di santa Caterina da Siena, ai lati della statua della Vergine del Rosario. Questo simulacro è risalente alla fine del ‘700; la parrucca venne realizzata nel 1794, e nel 1799 fu la volta del ricchissimo abito della Madonna.
L’oratorio, inoltre, conserva il più antico organo delle chiese mottolesi, che venne acquistato nel 1899 dal maestro organaro Giovanni Galasso da Napoli.
La confraternita venne autorizzata dall’Ordinario diocesano nel 1897 alla erezione delle sette stazioni della Via Matris Dolorosae. "I sette acerbissimi dolori di Maria Vergine, meditati nella forma medesima della Via Crucis", furono così rappresentati alle pareti con stampe ottocentesche, che nel 1997 vennero sostituite da pannelli in ceramica, realizzati presso l’Istituto d’arte di Grottaglie.
La recitazione della Via Matris è una pratica devozionale di origine spagnola, molto rara nelle chiese cattoliche, che si diffuse nei primi dell’800. Essa viene praticata dal primo sabato di Quaresima all’ultimo sabato prima delle Palme.
I sette dolori di Maria sono rappresentati: dalla profezia di Simeone –“una spada ti trafiggerà il cuore” – durante la presentazione di Gesù al tempio; dalla fuga in Egitto con Gesù e Giuseppe; dalla ricerca del dodicenne Gesù smarrito a Gerusalemme, durante il pellegrinaggio per la pasqua ebraica, mentre si intrattiene con i dottori nel tempio; dall’incontro di Maria con Gesù che trasporta la croce sulla via del Calvario; dalla crocifissione del Figlio; dalla deposizione dalla Croce, quando Maria accoglie nel suo grembo Gesù deposto; infine, dalla sepoltura di Gesù.