La seconda cattedrale: l'interno
Ultima modifica 6 aprile 2021
Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati
Nella nuova cattedrale “raddrizzata”, la superficie dell’originaria aula della prima cattedrale costituiva ora il transetto, il cui piano di calpestio era rialzato rispetto a quello della nuova aula. Quest’ultima si sviluppava in tre navate, divise da sei colonne, ed era coperta con un tetto di legno e tegole, fatta eccezione per il vano absidale che aveva la volta in muratura.
L’abside era anch’essa rialzata rispetto ai livelli dell’aula e del transetto, conteneva l’altare, la sedia vescovile, il coro ligneo e risultava molto ampia e profonda, occupando anche buona parte della superficie dell’attuale salone parrocchiale retrostante. Inoltre, al di sotto della stessa erano stati scavati i vani ipogei della cripta, nei quali dal XVI al XVIII secolo vennero seppelliti molti vescovi della sede episcopale mottolese. In essa vi erano le nicchie a sedile del "putridarium", sulle quali i corpi dei vescovi defunti venivano lasciati per lungo tempo. Solo al termine della decomposizione i resti venivano riposti in ossari del tipo "a cameretta". Negli ambienti ipogei è stata ritrovata anche una sepoltura a fossa.
Nel XVI secolo non era stato ancora realizzato il cappellone del SS. Sacramento, che venne costruito nella seconda metà del Seicento, e le due navate laterali terminavano in altari che erano privi di absidi; le cappelle che si affacciavano sulle navate avevano una struttura diversa dalle attuali. Oltre ai tre ingressi nella nuova facciata a occidente, continuava a essere utilizzata la originaria porta della prima cattedrale, nel lato nord. La sacrestia era collocata di fronte a questo ingresso, sul lato opposto del transetto verso mezzogiorno, laddove era stata l’abside originaria e dove attualmente troviamo l’altare di San Tommaso.
Come abbiamo già detto, nel 1600 venne occlusa la porta destra verso mezzogiorno sulla facciata, a seguito della costruzione della sala del seminario, su commissione del vescovo Silvestro Tufo. Un secolo dopo il vescovo Pietro Paolo Mastrilli fece chiudere la originaria porta della prima cattedrale, con la parziale demolizione del soprastante rosone della antica facciata settentrionale, per la realizzazione della cappella attualmente dedicata a Gesù Bambino. Fece realizzare sempre a nord un nuovo ingresso, presso la cappella nella quale attualmente è posto l’altare dedicato alla Madonna dei Polacchi, che è stato chiuso solo nel corso dei restauri degli anni ’60 del Novecento.
Il fatiscente tetto di legno e tegole della chiesa venne finalmente sostituito definitivamente tra il 1816 ed il 1818 con volte di pietra tufacea, che comportarono il rifacimento delle colonne delle navate. Nella navata centrale ognuna delle preesistenti colonne cilindriche venne affiancata da un pilastro a sezione rettangolare, che sorregge la volta della navata laterale. Ognuna di queste coppie di sostegni venne ricoperta da murature, intonaci e stucchi, assumendo esteriormente la forma di singolo pilastro.
Le originarie cappelle delle navate laterali, in occasione di questi lavori, vennero modificate e adeguate nelle dimensioni a quella che era stata fatta realizzare circa un secolo prima da mons. Mastrilli. Questa scelta fu motivata dalla necessità di creare dei semipilastri addossati alle pareti, in simmetria con i pilastri realizzati nel colonnato centrale, necessari per l’appoggio e lo scarico delle nuove volte in pietra.
Negli anni ’30 del Novecento furono effettuati sulla chiesa interventi di notevole importanza, a cominciare dalla demolizione della enorme sala fatta costruire all’esterno da mons. Tufo nel 1600, che ne aveva occluso e deturpato il prospetto principale per oltre trecento anni. Con l’eliminazione della mostruosa superfetazione seicentesca, la chiesa aveva subito gravi lesioni nella navata posta a mezzogiorno e nella parte destra della facciata. Questa venne restaurata e consolidata, e si intervenne anche nella navata realizzando tre cappelloni speculari a quelli della navata sinistra. Inoltre, venne rifatto il pavimento e riaperta la porta laterale sinistra sulla facciata principale, che era stata murata poco più di un secolo prima.
Tra il 1958 ed il 1965, vennero effettuate ancora una volta delle profonde modifiche nella struttura della chiesa. L’enorme abside venne praticamente dimezzato per consentire la costruzione di un ampio salone parrocchiale, collegato alla nuova casa canonica, che venne costruita intorno all’ex campanile.
La nuova sacrestia fu realizzata nella base della torre campanaria e il suo accesso al tempio venne ricavato tramite l’abbattimento dell’altare di San Tommaso, fino allora collocato nella testa della navata destra. La cappella del Santo Protettore fu spostata nello spazio della vecchia sacrestia. Il livello del piano di calpestio del transetto, che era rialzato, fu abbassato per renderlo omogeneo con quello delle navate, e il tutto venne pavimentato ex novo. Furono chiusi gli accessi ai locali sotterranei che avevano ospitato le tombe dei vescovi e installato un nuovo organo. Le due finestre laterali rettangolari sulla facciata furono trasformate in bifore, che riprendevano i modelli presenti nell’ultimo piano del campanile.
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