Le fortificazioni medievali e la piazza

Ultima modifica 5 maggio 2020

Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati

Con la realizzazione del castello, in età sveva, a partire dalla fine del XII secolo la città si dotò di un nuovo circuito difensivo notevolmente più ridotto, arretrando sensibilmente sul versante meridionale l’antico perimetro  della cerchia muraria d'età greca. Le nuove fortificazioni correvano dunque lungo il perimetro segnato dalle attuali vie Muraglie e Mazzini e da piazza Plebiscito. La parte sud ovest della cinta muraria era difesa  anche da un profondo fossato, realizzato sempre in età sveva, che venne colmato solo nei primi decenni del Seicento, mentre nella parte nord, all’altezza della attuale via Torretta, vi era l’alta torre, probabilmente realizzata in età bizantina.
Alcune stampe e incisioni del XVII e XVIII secolo evidenziano che le mura difensive erano solo in parte merlate o costituite da torrioni di difesa, “la qual'è murata d'intorno con baluardi”. Questi ultimi erano  concentrati soprattutto intorno alle due porte d’accesso, poste l’una a sud e l’altra a  nord. Nel resto della cinta venivano utilizzate come cerchia difensiva le alte murature cieche di abitazioni, conventi e chiese, che erano poste sul perimetro urbano.
La Porta Nuova, a nord dell’abitato, difesa da fortini, era posta nell’attuale ingresso a largo San Nicola da via Muraglie. Il varco principale, l’antica Porta Vecchia, si apriva invece sul lato meridionale della cinta muraria, più o meno all'altezza dell'angolo sud-ovest della attuale banchina di piazza Plebiscito, quella che in età medievale e moderna è stata la piazza grande della città. Qui erano concentrati i simboli  del potere: oltre al castello baronale che dava sulla piazza, poco lontano sorgeva la cattedrale della città, sede vescovile dall’XI secolo al 1818, che venne edificata tra la fine del XIII e gli inizi del XVI secolo. Nel corso dei secoli sulla piazza vennero realizzati gli edifici pubblici della civica università, come la Torre dell'Orologio con il carcere (XVII secolo) e il municipio (XVIII secolo), che fu sede del governo della città sino alla fine dell'Ottocento.
Essa è stata per secoli la sede dei commerci, dei mercati e delle fiere della città, ospitando laboratori artigiani e botteghe, tra le quali la poteca lorda, con diritto di privativa, che veniva aggiudicata all’asta dall’Università per la vendita ai bisognosi  dei principali generi alimentari a prezzi controllati. In età più recente, nel piano terraneo del castello vi erano una taverna e un forno. Dalla piazza si dipartivano le strade di accesso ai pittagi, ovvero i rioni del centro antico medievale e moderno. L’attuale toponimo Schiavonia, che ricomprende l'intera area della città fortificata d'epoca medievale e moderna, riprende quello di un antico pittagio, che presumibilmente ospitava migranti  di origine balcanica, giunti soprattutto tra XVI e XVII secolo, in seguito alle scorrerie e alle devastazioni dei Turchi nelle loro terre di origine.
In età contemporanea, nel 1799 nella piazza venne eretto dai arme civica mottolesi l'albero della libertà. Nel 1802 sulla porta principale venne dipinta l’arma civica della città, ovvero la torre con due uccelli appollaiati in posizione frontale sui merli, che cominciò in quei decenni a essere utilizzata come sigillo del Comune. Gli uccelli presenti sullo stemma civico sono stati variamente interpretati dagli storici locali come corvi, colombe o barbagianni. Qualche anno dopo, nel 1818, la antica porta sulla cinta meridionale della città crollò per un terremoto.
Il 21 ottobre 1860 la antica piazza accolse la folla festante che plaudiva al plebiscito che consacrava la nuova nazione, riunificata dai Savoia, e da tale ricorrenza prese più tardi  il nome che conserva tutt’ora.
La antica piazza continuò per molti decenni a rappresentare il cuore della città, anche dopo la costruzione dei nuovi quartieri residenziali fuori delle vecchie mura, tra la fine dell’800 e i primi del ‘900, e nonostante la realizzazione nel 1887 del nuovo Palazzo Municipale in una zona decentrata. A partire dalla metà dell'Ottocento, dopo la formazione di un Concerto Musicale bandistico municipale, la musica degli ottoni costituì una delle più importanti espressioni culturali del popolo mottolese, innamorato e particolarmente competente sulla musica sinfonica e lirica che veniva eseguita dalle bande da giro. Piazza Plebiscito divenne così l’auditorium all’aperto e la palestra musicale preferita dei più celebri corpi bandistici dell’Italia meridionale. Nei primi decenni del Novecento nella piazza venne addirittura costruita una cassa armonica interamente in pietra, che fu demolita solo nel 1953.
Sempre ai primi del '900 si procedette alla sua sistemazione e alberatura. Nel 1931, di fronte alla cappella della Madonna del Rosario venne installata la fontana monumentale, dono alla città da parte della ditta Fanelli di Castellana Grotte, appaltatrice dei lavori di sistemazione della rete urbana dell'Acquedotto Pugliese, che finalmente portò la tanto agognata acqua corrente sulla assetata collina.


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