Mottola – MΌΛΙΣΣΑ in età normanna

Ultima modifica 5 maggio 2020

Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati

Nella sua opera Epitome rerum ab Ioanne et Alexio Comnenis gestarum, Cinnamo affermava che il generale Giovanni Doukas aveva conquistato alcuni centri abitati nei pressi di Taranto, ovvero Mασαυρα (Masafra- Massafra), Πολυμιλιον (Polymilium- Palagianello), e Mόλισσα (Molissa- Mottola). La traduzione letterale del passo è la seguente:
Ducas si diresse con tutto l’esercito a Massafra. Là vicino c’era una città detta Polimilio, nella quale risiedeva Fiammingo, un uomo di Guglielmo. Questi, avendo appreso della venuta dei Romani (i Bizantini, n.d.A.), se ne andò a Taranto. I Romani, presa Polimilio, saccheggiarono le campagne circostanti e saziarono l’esercito di bottino. Quindi mossero verso Molissa, che si trovava su un’altura, una città uniformemente ben difesa e fortificata su entrambi i lati. Su uno si estendono precipizi ripidi e affatto inaccessibili, sull’altro la città è lambita da fiumi navigabili. Non paiono tuttavia esserci ostacoli a chi naviga col vento a favore. Anche se Molissa disponeva di protezione in ogni punto, fu presa dai Romani senza grandi sforzi nel modo che si dirà. Esaltati dai precedenti successi, quando videro i villici stare fuori dalle porte della città fiduciosi nella natura del luogo, dalla parte meno forte si lanciarono all’assalto su per il pendio. Quelli, sorpresi dalla loro audacia, si precipitarono verso le porte della città. Non le avevano ancora chiuse che l’esercito romano fu loro addosso. E così, d’impeto, Molissa fu presa”.
In verità la terminologia greca usata da Cinnamo risulta ambigua per quanto riguarda la ubicazione di Mόλισσα. Potrebbe significare che essa non fosse posta necessariamente su una collina, bensì in un luogo relativamente pianeggiante, come un leggero pendio. Inoltre, nella cronaca, la descrizione dei precipizi sembra far riferimento ad una impervia gravina. D’altra parte, non è possibile la presenza di corsi d’acqua, navigabili o meno, sul pianoro e sulla cima di una collina. Invece, presso Petruscio ci sono molte gravinette e lame che ospitano corsi d’acqua stagionali e che all’epoca dovevano essere ben più abbondanti di oggi. Un altro punto interrogativo riguarda la affermazione che la città fosse ben difesa e fortificata su due soli lati, mentre l’antico castrum di Mottola era invece difeso a tutto tondo dal perimetro della sue mura difensive  e non da due soli lati. Nell’insieme, la cronaca di Cinnamo sembra confermare l’ipotesi che Mόλισσα si riferisse al villaggio rupestre, piuttosto che alla altura di Mottola. Anche perché il toponimo greco  è formato dall’aggettivo molys (μῶλυς) e dal suffisso femminile issa (ισσα), che è riferito probabilmente al termine omesso polis, e quindi può essere tradotto come “(città) modesta, poco appariscente”, ovvero la descrizione di una delle principali caratteristiche di una città ipogea.
Le prove inconfutabili di eventi fortemente traumatici che si verificarono nel villaggio nel XII secolo sono rappresentate dall’abbattimento della torre di avvistamento sul pianoro, dallo scavo incompiuto della chiesa rupestre “dei Polacchi”,  nonché dall’evidente tentativo di far crollare la principale chiesa rupestre dell’insediamento, la cosiddetta “cattedrale”, attraverso l’abbattimento dei suoi pilastri centrali. A seguito di questi avvenimenti drammatici, la popolazione mottolese ritornò a vivere definitivamente sulla cima della collina, in una cinta fortificata più ristretta rispetto alla cerchia muraria di età classica, attorno al castello che venne costruito dai nuovi dominatori svevi, alla fine del XII secolo, presso la attuale piazza Plebiscito.


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