Descrizione
Nell'estate del 1995, studiosi di archeologia riportarono alla luce i resti di possenti mura greche risalenti all'età ellenistica (IV secolo a.C.). Questi costituiscono il monumento urbano più antico e illustre di Mottola. La costruzione, in stile tipicamente greco, consisteva in due cortine di blocchi di carparo accuratamente sagomati, lunghi circa 1,25 metri e alti tra i 40 e i 50 centimetri, disposti con precisione a secco.
Le mura avevano come principale scopo la difesa della città da eventuali invasori provenienti dalla collina. Questa struttura cingeva per circa 1600 metri l'intera acropoli di Mottola, e le ricerche archeologiche più recenti indicano che questa elevazione, strategica per la sua importanza, era già abitata nella prima metà del secondo millennio a.C. da popolazioni appartenenti alla cultura protoappeninica. Inoltre, l'area era stata frequentata attivamente sia nell'Età del Bronzo che in quella del Ferro.
Testo di Sergio Natale Maglio © Tutti i diritti riservati
Il villaggio di Dolcemorso è dunque il più antico insediamento umano organizzato che sia stato rinvenuto nel territorio mottolese. Esso si trova a circa sette chilometri dall’attuale centro abitato di Mottola, la cui storia sembra essere più “giovane” di almeno quattro secoli, rispetto al primo. Infatti, la più antica testimonianza archeologica del centro urbano mottolese è costituita dai resti delle mura greche di età ellenistica che furono riportati alla luce nell'estate del 1995, datate dalla Sovrintendenza Archeologica al IV secolo a.C.
Si è trattato in realtà di una riscoperta, in quanto esse erano già note allo storico Marco Lupo alla fine dell’800. Se ne era persa memoria, quando erano state inglobate all’interno di un cunicolo appositamente creato per la loro protezione e conservazione, al disotto di un edificio costruito agli inizi del '900, sull’attuale via Piave.
Grazie al ritrovamento, si può ammirare un tratto dell’antico paramento difensivo a blocchi di carparo isodomici, conservato per una lunghezza di circa 40 metri e fino a cinque assise, per un massimo di due metri in altezza. Esso faceva parte di una colossale muratura a emplecton, tipicamente greca, formata da due saldissime cortine di blocchi di carparo ben squadrati, lunghi all'incirca metri 1,25, larghi ed alti circa cm 50, e posizionati accuratamente a secco. In genere, in fortificazioni di questo tipo le due cortine erano poste a una distanza di 2-3 metri l'una dall'altra e lo spazio tra di esse veniva colmato da un terrapieno formato da sassi, rocce, cocci e terriccio.
L'ottima qualità del manufatto è rivelata dal perfetto stato di conservazione dei blocchi. Su alcuni di essi compaiono lettere dell’alfabeto greco, ovvero i marchi di cava degli artigiani che effettuavano i lavori di estrazione e lavorazione della pietra, che molto probabilmente veniva cavata nella attuale contrada di San Sabino, posta ad alcuni chilometri ad est della collina.
Murature di questo genere, tipicamente greche, cingevano in età ellenistica tutta la acropoli mottolese, per una lunghezza complessiva di circa 1600 metri. Correvano da nord lungo l’attuale via Muraglie, continuando quindi a valle di via Sansonetti, risalendo via Dante e giungendo all’altezza dell’attuale Palazzo della cultura comunale, per poi risalire tutta la via D’Acquisto e raggiungere, attraverso via Mazzini, il punto di partenza in via Muraglie.
La città, nei secoli medioevali si arroccò in un anello difensivo più ristretto rispetto a questa cerchia muraria d'età greca, che coincideva pressappoco con il perimetro della attuale Schiavonia. I resti della antica fortificazione ellenistica, esterni a al perimetro difensivo medievale, restarono visibili per secoli in quella che era tornata a essere aperta campagna, venendo quindi distrutti poco alla volta nel corso dell’Ottocento dalla edificazione dei quartieri residenziali del nuovo borgo cittadino.
Dopo il ritrovamento del 1995, altri scavi vennero effettuati l’anno seguente, tra ottobre e dicembre, in via D’Acquisto, alle spalle del Municipio dove attualmente è un’area a parcheggio, apportando nuovi interessanti contributi di conoscenza alla storia della città.
Infatti non solo venne ritrovato il filare di fondazione che costituiva il proseguimento delle mura greche di via Piave, ma fu rinvenuto anche un muro medievale, probabilmente realizzato in età bizantina, che era stato costruito in stretta contiguità alle più antiche muraglie. Questo muro era di fattura diversa e più grossolana di quello ellenistico, del quale aveva riutilizzato alcuni blocchi squadrati di pietra. Molto probabilmente venne realizzato per il rafforzamento della fortificazione classica, che doveva essere parzialmente crollata, oppure per il contenimento del pendio.
Alcuni anni dopo, durante lavori di scavo dell’Acquedotto Pugliese, alla confluenza di via Salvo D’Acquisto con via Giuseppe Mazzini, vennero ritrovati altri blocchi del filare di fondazione delle mura greche.
Modalità d'accesso
Le Mura greche di Mottola sono accessibili da Via Piave 15, da una scalinata.