La prima cattedrale: la facciata su Largo Chiesa
Ultima modifica 5 maggio 2020
Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati
La chiesa di Roma negli ultimi decenni dell’XI secolo avviò nel mezzogiorno d’Italia e nella nostra regione un importante processo di riorganizzazione strategica delle proprie strutture religiose, a seguito del Grande Scisma del 1054 che vide la separazione della chiesa ortodossa d’Oriente dalla chiesa cattolica e dopo la conquista del mezzogiorno d’Italia da parte dei Normanni a spese dei Bizantini.
Fu attuata una vera e propria strategia di rilatinizzazione e ricattolicizzazione delle strutture ecclesiastiche e delle popolazioni meridionali, che dopo secoli di dominazione bizantina erano molto vicine culturalmente alla chiesa d’Oriente. Essa si sviluppò nel territori del Mezzogiorno conquistati dai Normanni ai Bizantini principalmente attraverso due azioni. Da una parte si puntò al coinvolgimento delle grandi fondazioni monastiche benedettine, alle quali vennero donati diversi territori e casali con l’intento di invogliarli a fondare nei territori rurali numerosi nuovi monasteri fedeli alla chiesa romana. Dall’altra, venne creata una fitta rete di piccole diocesi, per poter presidiare i nuovi centri urbani attraverso la presenza costante della autorità religiosa del clero latino.
Così, nel nostro territorio, il vescovo di Taranto venne promosso arcivescovo e gli furono assegnate due diocesi suffraganee di nuova istituzione, Mottola e Castellaneta. Il primo vescovo di Mottola riportato in documenti storici fu Giovanni, nel 1081.
Come abbiamo visto, con ogni probabilità nell’XI secolo la popolazione mottolese era ancora in gran parte residente nel castellum rupestre di Petruscio. Questo spiega il notevole ritardo nella costruzione nella nuova diocesi di una cattedrale, che iniziò solo dopo il ritorno degli abitanti sulla cima della collina, in seguito alla costruzione del nuovo castello e alla realizzazione della cinta fortificata medievale.
Dobbiamo aspettare l’inizio del XIV secolo per trovare nei documenti la prima citazione della cattedrale mottolese. La costruzione del più importante monumento religioso mottolese iniziò dunque nella seconda metà del XIII secolo, tra la fine del periodo svevo e l’inizio di quello angioino.
La prima cattedrale era ubicata nei pressi della piazza e della porta meridionale, aveva la facciata principale e l’ingresso posti a nord sull’attuale Largo Chiesa. L’aula era verosimilmente composta da un’unica navata orientata da nord a sud, con l’abside verso mezzogiorno, più o meno in coincidenza con l’attuale cappella dedicata a san Tommaso di Canterbury. L’abside era quindi praticamente attigua alle mura difensive della città e la pianta del tempio si sviluppava in posizione longitudinale rispetto alle stesse.
Di questa prima cattedrale restano la parte superiore della facciata e del rosone, visibili dall’esterno sul lato settentrionale della chiesa. L’antica facciata mostra il modello tipicamente romanico della copertura a capanna. I bordi delle due falde spioventi sono abbelliti da una serie di archetti pensili trilobati decorati con fregi a punta o borchia di diamante, che poggiano su piccoli capitelli ornati con motivi vegetali e testine di uomini o animali fantastici. Queste protomi antropomorfe e zoomorfe avevano una funzione apotropaica, ovvero servivano a tenere lontani gli spiriti maligni, secondo un antichissimo costume che tornò fortemente in auge con la architettura gotica, fino a tutto il periodo barocco. Anche il rosone ripropone il motivo degli archetti trilobati intagliati, in questo caso inscritti in archi ogivali decorati; essi poggiano sulle eleganti colonnine della raggiera che parte dall’Agnus Dei centrale. Sia le decorazioni delle falde che quelle del rosone sono caratterizzate da motivi plastici tipicamente tardo gotici databili alla seconda metà del ‘400, e rappresentano sicuramente delle aggiunte posteriori alla facciata, che doveva essere in origine molto più semplice e lineare.
E’ possibile che la chiesa avesse un protiro, ovvero un piccolo portico posto a protezione del portale d’ingresso, come fa pensare la presenza dei resti di tre lesene o paraste nella muratura che venne realizzata ai primi del Settecento, durante la chiusura definitiva dell’antico ingresso.
Subito dopo la costruzione di questa prima chiesa, i lavori della fabbrica della cattedrale continuarono, seppure molto lentamente, per giungere nel corso di poco più di un secolo a realizzare la versione definitiva del tempio, che venne notevolmente ingrandito e raddrizzato nell’orientamento liturgico canonico, con l’abside posta a est. La seconda cattedrale corrisponde grosso modo a quella che vediamo attualmente, e venne ultimata solo agli inizi del XVI secolo. Due secoli più tardi, la originaria porta della prima cattedrale venne fatta chiudere dal vescovo Pietro Paolo Mastrilli, che distrusse gran parte della antica facciata settentrionale, anche con la parziale demolizione dell’artistico rosone, per poter realizzare la cappella che è attualmente dedicata a Gesù Bambino.
Sempre tra il 1703 ed il 1706 questo vescovo fece aprire un nuovo ingresso nella fiancata nord, presso la cappella che era allora dedicata a S. Antonio, corrispondente a quella che attualmente ospita l’altare dedicato alla Madonna dei Polacchi. Qualche anno più tardi, tra il 1719 ed il 1723, il successore Biagio Antonio Copeti modificò questa nuova porta, facendo inserire sopra la architrave il proprio stemma di pietra, tuttora visibile.
Largo Chiesa dal 1904 ha ospitato una grande cisterna, della quale è ancora visibile il perimetro originale sul basolato. Essa raccoglieva le acque piovane provenienti dai tetti della cattedrale per servire i bisogni idrici della popolazione, che aveva avuto nel primo Novecento una forte impennata demografica. Questa cisterna venne disattivata solo nel 1930, con l’arrivo sulla collina delle condutture dell’Acquedotto Pugliese e la costruzione del grande serbatoio piezometrico, proprio a poche centinaia di metri di distanza, verso ovest.