La chiesa distrutta di Mater Domini
Ultima modifica 5 maggio 2020
Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati
Un’altra fondazione religiosa d’età bassomedievale ubicata all’interno della cinta urbana era intitolata a Mater Domini Antiqua, e oggi purtroppo non è più esistente. La chiesa crollò per vetustà nel 1859 ed era posta sul circuito murario medievale, a settentrione, coincidendo con il perimetro dell’omonimo largo che attualmente si affaccia su via Muraglie.
La tradizione vuole che la stessa sia stata costruita nel 1316, durante il periodo angioino, anche se non viene riportata nelle Rationes Decimarum del 1324. All’epoca della redazione del documento, essa era stata costruita appena otto anni prima, quindi probabilmente ancora non possedeva un proprio beneficio, attribuibile a un chierico; pertanto, non essendo tassabile, non compare nell’elenco. L'apprezzo del 1652 ci informa che la piccola chiesa ospitava due cappelle, una intitolata a San Giuseppe, Sant'Antonio e San Trifone, l'altra allo Spirito Santo. Inoltre aveva una cripta, con un affresco della Vergine con il Bambino; questa cripta sopravvisse al crollo della chiesa , ma venne anch'essa distrutta alcuni decenni più tardi, alla fine dell'Ottocento.
Di queste fabbriche religiose oggi non resta più nulla, se non una lesena listellata d'ordine jonico, risalente al XIV secolo, visibile all'imbocco del Largo da via Purgatorio, e un cornicione litico lavorato, che affianca una nicchia nella quale è esposta una recente im-magine della Vergine, presso l'affaccio su via Muraglie.
La chiesa di Mater Domini, dal XIV secolo affiancava il primo convento dei Francescani della Scarpa, che alla fine del XVI secolo venne trasferito in una nuova sede fuori delle mura, presso la chiesa di santa Maria della Vetera, ove oggi sorge l'attuale chiesa dell’Immacolata.
Il primo convento francescano, che doveva affiancare l’attuale largo Mater Domini a destra, verso ovest, è entrato nella leggenda mottolese. Lo storico seicentesco Ambrogio Merodio, in verità generalmente ritenuto poco attendibile, riporta infatti che nel 1389, durante il periodo delle lotte dinastiche di successione degli Angioini, Mottola ospitasse una formidabile piazzaforte della fazione durazzesca, difesa da un esercito di diciannovemila armati comandati da Scipione Sanseverino da Bisignano. Secondo la narrazione, la inespugnabile rocca fortificata mottolese venne conquistata e distrutta solo grazie al tradimento del frate Nicola Diego di Conversano, il quale fece entrare nella città i soldati del Vicerè di Napoli Mongioia, attraverso un cunicolo segreto che portava dalla campagna dentro il convento.
A prescindere dalla dubbia veridicità storica del racconto di Merodio, è assodato storicamente che il ciclo di decadenza della città di Mottola abbia avuto inizio proprio alla fine del periodo angioino, intensificandosi quindi nei secoli successivi e toccando il suo culmine durante il periodo di pacificazione e relativa calma del vicereame spagnolo.