Il tesoretto di monete d'argento di Taranto

Ultima modifica 5 maggio 2020

Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati

Un’altra testimonianza archeologica proveniente da Mottola, risalente anch’essa alla prima metà  del III secolo a.C. , è rappresentata dal tesoretto di novantasei didrammi tarantini d'argento, fior di conio, in ottimo stato di conservazione, che fu ritrovato nella contrada San Sabino nell'agosto del 1926 e acquistato dall’archeologo Quintino Quagliati per conto del Museo Nazionale di Taranto. Le monete sono datate tra il 272 e il 235 a. C., emesse quindi nel periodo successivo al termine dell’alleanza di Taranto con Pirro, re dell’Epiro, per fronteggiare la potenza di Roma, alleanza che aveva però fallito l’obiettivo, portando la ex colonia spartana nell’influenza di Roma.
Il didramma era una moneta d’argento del valore di due dramme e del peso di circa 6,6 g, detta talora anche statere, che costituì l'unità monetaria di Taranto. Tutti i didrammi del tesoretto mottolese presentano nel rovescio Taras che cavalca il delfino, secondo la antichissima leggenda dell’origine di Taranto; sul recto, invece, mostrano diciotto differenti tipi equestri di diverso conio. Predomina la rappresentazione del piccolo cavallerizzo nudo, ma in alcune monete vengono raffigurati anche guerrieri a cavallo, con corazza, elmo, scudo e lancia.


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